Diritti e sicurezze

Sinistra Progetto Comune - Elezioni comunali Firenze

Le dipendenze da sostanze legali e illegali registrano troppa superficialità. Perché si consuma tanta droga nella nostra Città? Chi ne trae profitto? Che tipo di conseguenze causa la diffusione del crac? Come si collega questo fenomeno alle questioni inerenti alla salute mentale?

 

Una città è sicura se si prende cura di sé stessa: Firenze è sicura se si cura.

 

Quello che non si sa affrontare si prova a nasconderlo, come avviene a Sollicciano, una vera e propria discarica sociale in cui chi ci lavora e la popolazione detenuta vivono in condizioni disumane.

 

La politica locale ama dibattere di ciò di cui può non assumersi responsabilità. L’ordine pubblico è affidato allo Stato, ma le polemiche con il Governo (se di colore politico opposto) non portano da nessuna parte. I tavoli in Prefettura non prevedono la possibilità di informare il Consiglio comunale su cosa viene discusso. Il Sindaco e la Giunta dovranno partecipare (rendendo conto di ciò che non è vietato divulgare), costruendo contestualmente luoghi in cui si possano confrontare i soggetti capaci di leggere le trasformazioni del territorio e promuovere efficaci azioni di prevenzione.

Occorre liberare gli spazi e garantite totale libertà di manifestazione, superando le troppe preclusioni che vincolano il Centro Storico al turismo.

 

Le comunità devono essere luoghi da cui aprirsi al resto della Città, non rifugi in cui prepararsi a uno scontro tra identità e culture.

 

Le diverse realtà impegnate sul territorio in materia di marginalità e gestione delle criticità devono essere sostenute attraverso percorsi comuni: associazioni, comitati, cooperative, movimenti, operatrici e operatori di strada, rappresentanze di categoria, servizi sociali e sociosanitari.

 

Nella prospettiva di impegno nella promozione di una Salute di comunità, che effettui percorsi di prevenzione (anche) delle discriminazioni che spesso sono associate a prassi di tipo repressivo (securitario), ci proponiamo di coinvolgere: Consulta per la tutela della salute mentale (da riattivare), Consulta delle persone con disabilità e invalidità, Consulta per il Contrasto ad ogni tipo di discriminazione e per i diritti delle persone LGBTQIA+ e il Consiglio delle persone straniere, dotando questi organismi di maggiori prerogative istituzionali, inclusa la possibilità di avanzare proposte.

 

Riteniamo imprescindibile ripristinare le funzioni dei Quartieri: capacità di intervento diretto nel sociale, nella gestione del verde urbano, nella manutenzione, nella gestione degli spazi e nella programmazione culturale, arrivando entro cinque anni a un Comitato per ogni circoscrizione.

 

Da questo percorso, è utile ripensare complessivamente il progetto “vigilesse e vigili di Quartiere”, come realtà utile, coordinata con gli altri servizi comunali, capace di rendere trasparente la presa in carico delle diverse segnalazioni e l’orientamento verso risposte pertinenti. Non tutto può accumularsi come compito della Polizia Municipale: le segnalazioni devono essere riportate ai diversi ambiti dell’ente (illuminazione, sicurezza stradale, situazioni di abbandono, etc.) o verso le amministrazioni competenti ed essere prese in carico dai relativi uffici, che dovranno rispondere alle sollecitazioni della cittadinanza.

 

Diventa necessario costruire percorsi di formazione reciproca tra i diversi soggetti che ogni giorno operano in strada, per una gestione delle zone grigie dentro cui conoscenze e competenze trasversali servono per non rischiare di perdere tempo e/o spostare le traiettorie dei percorsi di risoluzione dentro ambiti differenti (esempio: risposta medico-sanitaria al posto di risposta sociale-abitativa…).

 

Nella prospettiva di prevenire la cronicizzazione del danno e del disagio connesso. è utile arrivare velocemente alla mappatura degli spazi necessari alle pene alternative rispetto alla detenzione carceraria (a Sollicciano): non serve un nuovo carcere, vanno resi praticabili percorsi diversi e personalizzati per tutte le soggettività che ne abbiano diritto (esempio: madri detenute).

 

Inderogabile inoltre è creare un elenco degli spazi necessari per offrire luoghi sicuri per le comunità che subiscono discriminazioni e per le categorie che operano in condizioni di maggiore rischio (esempio: rider).

 

Non tutto può finire in Prefettura: pensionamenti e assenza di concorsi pubblici rendono vuote le promesse su “maggiori divise per strada”; le telecamere servono talvolta a posteriori, quando gli eventi si sono già verificati. Si devono invece evitare le situazioni di pericolo, prevenendo, e non soltanto con le forze di polizia. Centralità poi va data al contrasto della criminalità organizzata. Non ci si può limitare a mitigare le conseguenze ultime, senza agire sulle cause.

 

Il crescente fenomeno di uso, abuso e dipendenza da sostanze stupefacenti -illegali e legali (farmaci , psicofarmaci, alcol…)- e la dipendenza dal gioco d’azzardo sono “spazi” in cui agiscono anche organizzazioni criminali. Per questo è importante sviluppare una dialettica capace di coinvolgere tutte le parti della società, creando luoghi di confronto collettivi.

 

I servizi devono essere progressivamente internalizzati: si può e si deve riconoscere un’autonomia del sociale e del sociosanitario (dal terzo settore che svolge azione di prevenzione sul territorio, fino ai movimenti), senza che vi sia una delega totale da parte dei servizi pubblici, i quali devono fornire risposte essenziali di Cura (individuale e collettiva).

 

Contestiamo una visione che costruisce disciplinamento, promettendo presunta sicurezza in cambio di perdita di libertà. Pensiamo che una società più libera dai bisogni sia una società più sicura.

 

Proposte:

  • Formazione presso ogni Quartiere di Comitati Locali di Sicurezza, Socialità e Solidarietà, dove valutare e quindi programmare azioni preventive o soluzioni condivise rispetto alle criticità sociali riscontrate sul territorio. I Comitati saranno formati da persone appartenenti a organizzazioni impegnate sul territorio sul tema della gestione delle marginalità e delle criticità che ne derivano: associazioni, comitati, cooperative, movimenti, operatrici e operatori di strada, rappresentanti di categoria, servizi sociali e sociosanitari e personale della Polizia Municipale (di Quartiere).
  • Ripristino delle funzioni dei Quartieri, con capacità di intervento diretto nella progettazione sociale, nella gestione del verde urbano, nella manutenzione, nella gestione degli spazi e nella programmazione culturale, prevedendo un Comitato specifico per ogni circoscrizione.
  • Sistematico coinvolgimento della Consulta per la tutela della salute mentale, Consulta delle persone con disabilità e invalidità, Consulta per il Contrasto ad ogni tipo di discriminazione e per i diritti delle persone LGBTQIA+ e il Consiglio degli stranieri al fine di promuovere la Salute della Comunità, attraverso percorsi di prevenzione (anche) delle discriminazioni, spesso associate a prassi di tipo repressivo e securitario. Proponiamo di dotare questi organismi di maggiori prerogative istituzionali, inclusa la possibilità di avanzare proposte ed essere effettivamente protagoniste nelle scelte di indirizzo politico locale.
  • Riorganizzazione dei servizi di Polizia Municipale, con la previsione di un contingente appropriato di “vigilesse e vigili di Quartiere”. Le possibilità di un’Amministrazione locale in ambito di sicurezza sono enormi solo se mantenute in una sfera di competenza precisa, quella della prevenzione, ma diventano deludenti, scarse ed elemento di frustrazione quando pretendono di potersi occupare in prima persona di situazioni criminali o di ordine pubblico.
  • Il servizio di quartiere della Polizia Municipale, oltre ad assicurare logicamente le funzioni inerenti alla figura professionale delle agenti e degli agenti, avrà la missione prioritaria di registrare direttamente i bisogni e le domande della cittadinanza, monitorare/ controllare/ trasmettere e/o risolvere in tempo reale tutte le altre circostanze che gli si presentino nonché attivare la catena dei controlli (esempio: il vigile e la vigilessa di quartiere durante il servizio appiedato evidentemente potranno incontrare un cantiere in esecuzione e sarà quindi loro dovere controllarne le autorizzazioni amministrative, il rispetto della segnaletica di preavviso, il rispetto delle dimensioni di suolo pubblico occupato e durante questa analisi di competenza visionare, anche superficialmente, la situazione relativa alla sicurezza dei luoghi di lavoro per eventualmente far approfondire agli organi competenti e specializzati che al momento, per scarsità di personale, controllano solo a campione). La presa in carico qualificata e trasparente trasformerà quindi in semplice quello che adesso sembra essere un labirinto senza uscita per la cittadinanza. Affinché il tutto non si risolva con la promessa di una semplice denominazione, come precedenti ventate elettorali, è necessario che il contingente sia numericamente adeguato al fine sia della suddivisione nei rispettivi Quartieri secondo l’estensione territoriale e residenziale (previsione ottimale di 200 operatori e operatrici), sia della predisposizione di un servizio costante nell’arco dell’intera giornata feriale e festiva.
  • Dotare la Polizia Municipale di armadietti blindati e luoghi a norma di legge in cui poter depositare la propria arma, senza doverla necessariamente portare a casa fuori dagli orari di lavoro.
  • Ridefinire l’importanza della formazione dei soggetti che ogni giorno operano in strada, così da favorire la gestione delle zone grigie (terre di confine tra i servizi sociosanitari), dentro cui conoscenze e competenze trasversali permettano di agire con maggiore rapidità (ad esempio nei casi di sospette violenze) e/o spostare le traiettorie dei percorsi di risoluzione dentro ambiti differenti (esempio: risposta medico-sanitaria, spesso a valenza “sedativa”-repressiva al posto di risposta sociale-abitativa…).
  • Nella prospettiva di prevenire la cronicizzazione del danno e del disagio connesso, arrivare velocemente alla mappatura degli spazi necessari alle pene alternative rispetto alla detenzione carceraria. Non serve un nuovo carcere, vanno resi praticabili percorsi diversi e personalizzati per tutte le soggettività che ne abbiano diritto (un esempio concreto: la mancata realizzazione di strutture già finanziate per madri detenute). Va sviluppato il rapporto tra carcere e città, dando seguito al risultato ottenuto di elezione del/la Garante delle persone prive di libertà, che finalmente non sarà più di nomina del/la Sindaco/a, ma eletto/a dal Consiglio comunale. Il Comune può chiede di arrivare a una nuova convenzione con le altre autorità, definendo un bilancio trasparente che chiarisca quanto viene investito in queste politiche. Inoltre si deve arrivare a dotare la/il Garante di maggiori poteri ispettivi e di controllo.
  • Creare e mettere a disposizione un elenco degli spazi necessari per offrire luoghi sicuri a tutte le comunità che ancora subiscono discriminazioni, attuando anche prassi di prevenzione delle stesse, e per le categorie che operano in condizioni di maggiore rischio, come quella dei rider.
  • Non tutto può finire in Prefettura: pensionamenti e assenza di concorsi pubblici rendono vuote le promesse su “maggiori divise per strada”; le telecamere servono talvolta, ma soltanto dopo che gli eventi si sono già verificati. Si devono invece evitare le situazioni di pericolo, prevenendole attraverso la presenza di persone consapevoli(con ruolo professionale specifico e non, formate alla gestione delle dinamiche di strada).
  • Sulla videosorveglianza occorre investire sulla chiarezza dei software utilizzati e prevedere un regolamento adeguato ai tempi con le figure preposte alla tutela della privacy. Contrarietà a ogni sistema di riconoscimento facciale e di gestione non pubblica dei dati, così come a ogni logica che tenda a misure predittive, destinate a confermare eventuali pregiudizi presenti in fase di programmazione degli algoritmi.
  • Centralità al contrasto della criminalità organizzata
  • Intervenendo sulle con-cause che possono spingere le persone in situazioni di marginalità verso la criminalità, e che alimentano la presenza e la perpetuazione della criminalità organizzata nella città, investendo sulla prevenzione e sul supporto ai soggetti vulnerabili, senza limitarsi a mitigare le conseguenze della criminalità;
  • Intervenendo sulle cause e sul fenomeno delle dipendenze, creando spazi di confronto collettivi, alla luce del crescente fenomeno di uso, abuso e dipendenza da sostanze stupefacenti — illegali e legali, come farmaci, psicofarmaci e alcol — e dipendenza dal gioco d’azzardo.
  • Internalizzazione dei servizi di cura e gestione delle marginalità, tutelando la continuità occupazionale di chi già ci opera da anni: si può e si deve riconoscere autonomia del sociale e del sociosanitario: dal terzo settore che svolge azione di prevenzione sul territorio, fino ai movimenti, senza delega da parte dei servizi pubblici, i quali devono continuare a fornire risposte essenziali di cura (individuale e collettiva) e riprendere quella parte indispensabile dei percorsi di presa in carico che contempla azioni di prevenzione e promozione della Salute.